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L´italiano giuridico-amministrativo nella Sardegna dell´Ottocento

Di Gianfranca Piras

Prefazione di Eduardo Blasco Ferrer

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L´italiano giuridico-amministrativo nella Sardegna dell´Ottocento
ISBN
978-88-86229-93-7
Co-edizione
-
Genere
Saggistica
Materia
Filologia e linguistica
Collana
Samanunga n° 2
Anno edizione
2001
Luogo edizione
Cagliari
Supporto
Cartaceo
Pagine
160
Rilegatura
Brossura con lembi e cucitura filo refe
Dimensioni
15 x 21 cm
Peso
355 g
N° volumi
1
Illustrato
Lingua di pubblicazione
Italiano
Lingua originale
-
Lingua a fronte
-
Allegato
-
Scolastico
No
Disponibilità
In commercio
Distribuzione

15,49 €

Il libro prende in esame la lingua burocratica utilizzata per i documenti della Reale Udienza e della Segreteria di Stato in una zona circoscritta della costa occidentale sarda (quella che va dalla Planargia a Cuglieri passando attraverso Scano Montiferro) negli anni immediatamente precedenti e in quelli immediatamente successivi al 1847, quando si arrivò alla Perfetta Fusione con il Piemonte.
Ad un sondaggio del 1841 la Sardegna risultava avere oltre il 90% di analfabeti, la percentuale più alta in Italia. Queste le drammatiche conseguenze di una situazione di totale arretratezza, in cui il feudalesimo riuscì a persistere fino al 1836, rendendo l´Isola un mondo chiuso e impermeabile a qualsiasi novità. Il brusco cambiamento avutosi nel 1847, quando si arrivò alla Perfetta Fusione con il Piemonte, scaraventò su un mondo tanto arretrato un sistema burocratico fino allora sconosciuto, obbligando la popolazione a venire suo malgrado in contatto con la lingua dei ´continentali´.
Le conseguenze di questo drastico cambiamento nel rapporto con la nuova lingua viene analizzata ne L´italiano giuridico-amministrativo nella Sardegna dell´Ottocento di Gianfranca Piras (Cagliari, Condaghes, 2001). Il libro prende in esame la lingua burocratica utilizzata per i documenti della Reale Udienza e della Segreteria di Stato in una zona circoscritta della costa occidentale sarda (quella che va dalla Planargia a Cuglieri passando attraverso Scano Montiferro) negli anni immediatamente precedenti e in quelli immediatamente successivi alla Perfetta Fusione. Viene osservata la graduale immissione dell´italiano in Sardegna attraverso lo studio della lingua utilizzata da utenti aventi possibilità diverse di entrare in contatto con la lingua ufficiale.
Questo tipo di documentazione, finora inedita, si colloca fra la produzione definita ´letteraria´ e la produzione orale, diventando quasi un trait d´union fra di esse e dando la possibilità di percepire in modo più approfondito quanto e in che modo l´italiano si sia diffuso all´interno della popolazione sarda di quel periodo. Si intravedono in questi documenti spiragli di un parlato che negli scritti più curati, nella letteratura in senso stretto, è decisamente difficile riscontrare: si può notare in essi la difficoltà evidente di tradurre il pensiero sardo in parole italiane (non va dimenticato che in quel periodo il sardo è la prima lingua presso tutti gli strati sociali).
Quello che viene fuori dai documenti esaminati è una lingua burocratica rigida, che contempla se stessa. Paradossalmente, il tipo di scrittura non è cambiato dall´Ottocento ad oggi: a parte gli ovvii arcaismi e gli errori dovuti a un´istruzione sui generis, non vi è differenza sostanziale fra un documento ufficiale del 1850 e uno dei nostri giorni. La lingua burocratica, fossilizzata in forme che hanno ben poco della lingua comune, rivendica una sua legittimità di esistenza anche presso le classi più umili, che si sottomettono alle sue ferree leggi.
La lingua dei documenti esaminati appare per così dire divisa in due settori: da un lato la lingua dei semicolti e quella dei verbali (Cause Criminali della Reale Udienza), accomunate da una imperfetta acquisizione dell´italiano, dall´altro la lingua delle persone colte. Talvolta le caratteristiche di un gruppo si intersecano con quelle dell´altro, e non è facile dividere i documenti in categorie ben distinte, proprio a causa della compresenza nei documenti di elementi colti e di errori dovuti ad ignoranza.
L´analisi è stata limitata volutamente ai soli anni 1840-1850 in modo da avere dei fermi punti di riferimento. E´ possibile tuttavia ipotizzare il persistere della situazione riscontrata per decine di anni: la lingua burocratica è per sua natura estranea a qualsiasi innovazione e inoltre le condizioni primarie di povertà e semialfabetismo della zona presa in esame sono rimaste pressochè invariate fino alla Seconda Guerra Mondiale. Per questo motivo si può a ragione ipotizzare una condizione di immobilità secolare che è stata scossa solamente dal contatto forzato con l´esterno a cui il secondo conflitto mondiale ha costretto la popolazione sarda. Solo in quel momento, infatti, la lingua dei ´continentali´ è diventata indispensabile strumento di comunicazione e non più arma temuta della ´Giustizia´, attraverso la quale i padroni esercitavano il potere sul popolo.